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Come poter giudicare un colore? Come poter definire il significato cromatico di qualcosa? È un esercizio scorretto, incompatibile con il concetto stesso di originalità, di soggettività dell’individuo.
Giornalista pubblicista
Dottore in filologia moderna
Come poter giudicare un colore? Come poter definire il significato cromatico di qualcosa? È un esercizio scorretto, incompatibile con il concetto stesso di originalità, di soggettività dell’individuo.
Saremmo dovuti sparire in una nuvola di fumo…
Soli, seduti in riva al mare, sulla cima di un poggio o sul belvedere più alto, mentre di fronte a noi si schiude un’alba, si increspano le onde o si risveglia un tramonto che lascia sbocciare la notte.
— Conservo ancora una cartolina che mi hai spedito da Capo Nord nel ’66, in norvegese, credo avesse una scritta. E sotto la traduzione diceva: “Tutto quello che esiste è bello” con tre punti esclamativi. Ma tu ci credi ancora? — Ai punti esclamativi? No, non ci credo più.
Resistere ai pregiudizi, alle angherie, alle ingiustizie reiterate, alla mancanza di senso e di sensibilità.
Ristorare il corpo e lo spirito: la completezza esistenziale ottenuta tramite l’istinto che spinge ad alimentarsi.
Chiunque stia leggendo questo articolo si sarà ritrovato inevitabilmente, volente o nolente, ad ascoltare, attentamente o distrattamente, interpretazioni o conclusioni sul mito dell’androgino, il racconto riguardante le metà che Aristofane espone a tutti i commensali durante simposio di Platone.
In un mondo in cui le relazioni diventano sempre più diafane e l’esperienza virtuale assume ogni giorno che passa una rilevanza trascendentale, la condivisione di gioie, dolori, vicissitudini negative o positive, di giornate piene od oziose sul divano è diventata la normale quotidianità della maggior parte della popolazione: dai primi anni dell’adolescenza fino alla terza età inoltrata.
IL FILM — Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio.
«Attraverso i grigiori del primo mattino, tra le ombre intricate del bosco a mezzogiorno, nel silenzio della mia biblioteca, durante la notte, mi aveva aleggiato davanti agli occhi e io l’avevo veduta, non come la Berenice viva e palpitante, bensì come la Berenice di un sogno; non come creatura, terrestre, ma come l’astrazione di tale essere; non come una cosa da ammirare, ma da analizzare; non come un oggetto d’amore, ma come il tema della speculazione più astrusa, per quanto disordinata». [1]