Skip to content
Omaggio a Emily Dickens, illustrazione di Bruna Pallante

In questo periodo storico non è difficile imbattersi nel grande fenomeno della solitudine, una condizione in cui l’individuo si ritrova a volte per scelta, molto più spesso per vicende accidentali. Quando la solitudine è una scelta, un’esigenza e quando invece è nociva e bisogna evitarla? La solitudine può essere curativa e detossinante, come quando si sceglie un periodo di relax in un resort lontano dal caos della città; oppure può essere una scelta di vita, come nel caso degli eremiti; ci si trova anche di fronte alla solitudine come scelta di fede, come nel caso delle monache di clausura. A volte la solitudine può essere determinata dalla povertà sociale in cui si vive, molti sono i casi di isolamento che sperimentano le fasce fragili della società, come persone con disabilità, immigrati, senzatetto… In questi casi la mancanza di comunicazione, l’incomprensione, l’assenza di ascolto possono generare molti altri fenomeni come depressioni o gesti più estremi. Se è vero, come suggerisce Emmanuel Lévinas, che l’identità è nella relazione, come possiamo definirci al giorno d’oggi? La funzione dell’Altro è essenziale per il riconoscimento di sé e dell’alterità, e anzi – in una concezione relazionale profonda – contribuisce alla stessa reciproca costituzione. Chi siamo e come determiniamo il nostro sistema identitario in rapporto con l’Altro? Se le relazioni sono alla base del benessere psico-fisico e sociale dell’individuo, come fare i conti con le solitudini che sono sempre più frequenti?

In questo numero di Orione abbiamo affrontato il tema delle solitudini dai vari punti di vista, provando a valorizzare la solitudine come spazio di riflessione e cercando di proporre un approccio critico e propositivo per quelle solitudini che non fanno bene all’anima.