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Marcello Mastroianni

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Marcello, come here!

1 Settembre 2022
Jonathan Safran Foer alla fine del romanzo autobiografico d’esordio (trasposto al cinema con gli occhi spalancati di Elijah Wood) si porta a casa una scatola di ricordi chiamata “casomai”.1, 2
Marcello Mastroianni

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Marcello, come here!

1 Settembre 2022
Jonathan Safran Foer alla fine del romanzo autobiografico d’esordio (trasposto al cinema con gli occhi spalancati di Elijah Wood) si porta a casa una scatola di ricordi chiamata “casomai”.1, 2

Il protagonista teme che l’Universo continui senza di lui, la sua assenza passi inosservata. “Indossa” una solitudine di ritorno. Che non è timore della morte fine a se stesso. Del resto, il titolo del libro e del film — Ogni cosa è illuminata — riprende un passo de L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera.3 Spensieratezza di essere, dunque. Calvino nelle Lezioni Americane lo citò a mo’ d’esempio narrativo che, nascondendosi dietro un discorso sulla leggerezza, ha come vera essenza una constatazione della «ineluttabile pesantezza del vivere».4 Jack Nicholson alla Schneider, invece, nemmeno chiede il nome in Professione reporter. S’e’ stancato di dare senso alla vita. A un certo punto (sarà il traffico d’armi) richiama persino lo stremato Alberto Sordi di Finché c’è guerra c’è speranza.5 Moravia quando per L’Espresso recensì il capolavoro di Antonioni, scrisse che la storia riconduceva inevitabilmente al Fu Mattia Pascal. Pirandello voleva dimostrare, in maniera sarcastica e paradossale, l’identità quale mero fatto sociale: esistiamo in quanto gli altri riconoscono la nostra esistenza; Mentre il Regista, al contrario, la poneva in modo consapevolmente drastico: «esistiamo, sia pure come grumo di dolore, anche e soprattutto fuori della società. Locke si suicida due volte, una prima volta distruggendo la propria identità civile, come il personaggio pirandelliano; una seconda volta lasciando che i killer distruggano la sua identità fisica. Perché Locke si uccide? Probabilmente per il motivo per cui tanti oggi lo fanno: per l’impossibilità di conferire alla propria esistenza un valore simbolico, ossia un significato che in qualche modo la trascenda.6 Oggi, per lo Scrittore romano e il Cineasta ferrarese era il 1975. L’orologio, poi, ha continuato a girare le lancette nel quadrante. Ma l’idiosincrasia per la pelle che abitiamo ha soltanto spostato il tiro. I giorni rimasti da vivere, la qualità dei momenti in essi contenuti, continua a generare l’ansia di esistere. Dello stare al mondo. Forse in quegli ultimi momenti amava la vita più di quanto l’avesse mai amata. Non solo la sua vita: la vita di chiunque, la mia vita. Tutto ciò che volevano erano le stesse risposte che noi tutti vogliamo: «Da dove vengo?», «Dove vado?», «Quanto mi resta ancora?». Blade Runner di Ridley Scott nei primi ‘80 recupera un noir fantascientifico del ‘68. Dopo e prima. Il Futuro che arriva dal Passato. Irreversibilmente.7, 8 Ha ragione il definitivo Michele Apicella di sempre. «Noi siamo uguali agli altri, noi siamo come tutti gli altri, noi siamo diversi».9 Perché siamo soli. Canta(va) una canzone epocale. «Disperatamente cerchiamo un campo di atterraggio in noi. Altra gente in me, in te. Caduti dentro altre immagini. Al primo freddo anche un niente caldo diventa qualcosa. Improvvisamente confusi, sospesi».10 Il long playing del brano è Io tu noi tutti. Senza virgola alcuna. Allora, la distopia immaginata da Lanthimos in The Lobster, pochi anni fa appena, suggerisce conformazioni sparse. Accecarsi contemporaneamente risolverebbe le incomprensioni, ogni sorta di equivoco.11 Senza fare calcoli, speculazioni. Fuggendo la paura di consumarsi. Le protezioni somigliano a una gabbia. Bob e Charlotte in Lost in translation guardano in tv, coi sottotitoli giapponesi, La dolce vita di Fellini. Nel finale della versione originale non si riesce a udire cosa si dicano. Sofia Coppola sostiene addirittura la mancanza di un copione al riguardo. Bill Murray e la Johansson unici a sapere cosa sia stato sussurrato.12 Ricordano gli ultimi fotogrammi con la Ciangottini sulla spiaggia di Passoscuro. A mimare una macchina da scrivere, una trattoria e qualche sguardo innocente.13 Mastroianni stranito non sente. Forse perde un’occasione. E noi con lui.

per citare questo articolo

Francesco Della Calce:

Marcello, come here!,

n. 26 - Solitudini,

settembre-dicembre 2022

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

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In Preludio a un bacio di Tony Laudadio, Emanuele racconta in prima persona la sua storia dolcissima, complicata e anche un po’ surreale. Emanuele è un barbone, un musicista solo che, per mantenersi, suona agli angoli delle strade, facendo innamorare i passanti della sua musica.

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Quando la solitudine non farà più rima con marginalità sociale, etnica, culturale, economica, politica vivremo in una dimensione sana, dove saremo in grado di apprezzare la faccia buona della solitudine. Quella che si traduce in un tempo privato ed estremamente prezioso per ogni singolo essere umano.