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L’Empowerment che viene dalla Terra

10 Luglio 2019
Per declinare efficacemente la salute bisogna approfondire la conoscenza dei rischi derivati da una politica ambientale che non pone cura e attenzione alla Madre Terra integrando in modo consapevole e coscienzioso la necessaria spinta all’innovazione.

Funzionario Archeologo, SABAP per l’area metropolitana di Napoli

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L’Empowerment che viene dalla Terra

10 Luglio 2019
Per declinare efficacemente la salute bisogna approfondire la conoscenza dei rischi derivati da una politica ambientale che non pone cura e attenzione alla Madre Terra integrando in modo consapevole e coscienzioso la necessaria spinta all’innovazione.

Bisogna ri-orientare i nostri stili di vita articolando un processo di empowerment, ovvero di potere personale sulla nostra salute, sapendo distinguere in modo autonomo e consapevole ciò che ci fa male da ciò che ci fa bene. Tale processo basato sull’incremento della stima di sé e dell’autoefficacia e sul miglioramento delle relazioni con gli altri, consente di accrescere la capacità individuale e di gruppo di tutela e miglioramento della propria condizione di salute e significa promuovere benessere e nello specifico, secondo il modello Salutogenesi,[1] avere come obiettivo il miglioramento del benessere bio-psico-sociale e della qualità della vita. Gli operatori sanitari, impegnati nella diagnosi, cura e prevenzione, possono essere un potente veicolo di messaggi salutogenetici, ovvero generatori di salute, attraverso una sincera condivisione e una personale adozione di sani stili di vita. Un messaggio, per essere profondamente ascoltato e motivare al cambiamento di stili di vita perniciosi, non può essere in contraddizione con l’enunciato: solo in tal modo il suo peso diviene risonanza emozionale. Bisogna attivare un cambiamento di paradigma in senso tras-formativo: dalla conoscenza cognitiva, alle competenze in campo relazionale ed emotivo, attraverso la consapevolezza del sé psicocoporeo. Uno degli strumenti di innovazione per acquisire tali competenze è la formazione esperienziale di coloro implicati nel processo di cura, in primis i medici e tutti gli operatori sanitari, con tecniche espressive e di comunicazione non verbale che promuovono un empowerment psicocorporeo.[2] Nel sociale la consapevolezza si declina attraverso il saper dare, ricevere e condividere, il saper guidare e affidarsi, stabilire contatti fisici adeguati e non invasivi, proporre e sviluppare delle attività, saper lavorare in gruppo e a coppie; ma anche saper allontanarsi da una persona o dal gruppo o anche prendere le distanze da influenze e costrutti socio-culturali se sono veicolo di insane e perniciose tendenze. Esiste un forte legame tra azione nella relazione ed emozione che può essere utilizzato per favorire l’ascolto di sé e riconnettersi al sentimento di presenza nell’ambiente. Nello specifico, la Danza Movimento Terapia (DMT) è un’interessante metodologia che consente di attivare e contenere l’espressività emozionale e di sviluppare una capacità di strutturazione armonica dello spazio a partire dal contatto con la terra e con le nostre radici. A tal proposito l’APID, Associazione Professionale Italiana DanzaMovimentoTerapia, ha promosso, in collaborazione con la Consigliera di Parità professoressa Isabella Bonfiglio, all’interno della Rassegna Marzo Donna 2019, il convegno Staje ’mmano all’arte, Arte come umanizzazione dell’educazione e della cura (23 e 24 marzo) presso la Città Metropolitana di Napoli: un focus sulla cura attraverso l’arte e il corpo nei processi educativi e formativi e sulla relazione di genere. I patrocini ricevuti hanno attestato il carattere sociale e scientifico dell’evento. L’approccio pedagogico, psicologico ed artistico, in ambito educativo, clinico, socio-culturale, sono stati gli argomenti trattati dal Comitato Scientifico APID nel convegno che ha rappresentato un momento di formazione promuovendo, supervisionando e monitorando una professione (ai sensi della legge 4/13), quella della DMT, che richiede aggiornamento permanente. Hanno contribuito alla discussione scientifica personalità di spicco del mondo accademico, scientifico e clinico, provenienti da tutta Italia e professionisti della Dmt-Apid© con poster presentati e workshop esperienziali, apportando il proprio contributo nell’approccio alla disabilità, al disagio psichico e all’educazione. Le tematiche trattate hanno spaziato dalla pedagogia interculturale ad una medicina antropologica, dall’arte nella disabilità, alla ritualità della danza nelle civiltà antiche. L’originalità della proposta formativa a Napoli è stata costituita da momenti di scambio interdisciplinare e di apertura alla comunità locale ed agli studenti dell’UniSOB e dell’Università L’Orientale di Napoli che hanno assistito alle relazioni magistrali. Con lo spazio serale Mani di donna, è stato proposto il coinvolgimento della platea in una performance danzata a cura della nascente sede locale APID Sud (@apidsud). Lasciandosi ispirare da un brano di Rudolph Laban,[3] recitato nel buio della Sala Conciliare, in cui il corpo che danza diventa espressione dell’anima, Erica Marino e Manuela Stendardo hanno concepito la coreografia di chiusura della prima giornata, in continuità simbolica con una relazione della professoressa Graziani, docente di Assiriologia e Storia del Vicino Oriente Antico all’Università degli Studi di Napoli l’Orientale sulle danze nell’antica Mesopotamia. La lastra ritrae una variopinta catena umana danzante in un intreccio di braccia, richiamo all’aiuto reciproco per il superamento di un evento traumatico, alla danza di liberazione dal Minotauro dei fanciulli ateniesi[4] e all’idea pitagorica della morte come evoluzione spirituale, rinascita, unione all’unità cosmica. Le donne, battendo i piedi, risvegliano la terra, piantano radici, creano legami con i morti. Così, in Mani di donna, l’emblematica staticità dell’effetto coreutico si è poi scientemente trasformata in una tammurriata napoletana, sulle note di Enzo Stentardo e la voce di Lello Russo, coinvolgendo la platea in una danza travolgente. Dare spazio a simili eventi lascia una traccia simbolica di testimonianza che l’arte e la danza hanno il potere poietico di superare le conflittualità e di aumentare le capacità di comunicazione fra i generi, fra i popoli sulla Terra. Accedere a un processo di promozione della salute oggi, significa ripescare le nostre radici e far evolvere l’ottica della sanità verso modelli innovativi dove al centro non ci sia più solo l’individuo, maschio o femmina che sia, e il concetto di possesso/potere sulla Terra, ma un sistema sociale e ambientale in giusto equilibrio e armonia con la Natura, nostra fonte di vita. Ecco che l’ottica dall’individuo posto al centro del processo di salutogenesi si sposta verso un’ottica geocentrica dove la Terra nostra fonte di sopravvivenza e la salvaguardia dell’ambiente assumono un ruolo centrale.

PER APPROFONDIRE

[1] Aaron Antonovsky: Health, Stress and CopingJossey-Bass Publishers — 1979

[2] Sara Diamare: Salotti del Benessere — Asl Napoli1 Central and Brothers Publishers Ariello-s.a.s. — 2015

[3] Rudolf Laban: The Mastery of Movement — Dance Books Publication — 1950

[4] Maria Rosaria Borriello-Stefano De Caro (a cura di): La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli — Catalogo della mostra — Electa Napoli — 1996

SITOGRAFIA

www.apid.it

per citare questo articolo

Maria Luisa Tardugno, Sara Diamare:

L’Empowerment che viene dalla Terra,

n. 17 - Madre terra,

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

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Pensare alla madre terra senza pensare a mia madre mi riesce difficile. L’Irpinia d’Oriente è la mia terra e quella di Franco Arminio, poeta e paesologo che Orione ha già intervistato nel numero sulla letteratura. Le terre dell’osso, come le definiva Manlio Rossi Doria, nutrono la parola e l’impegno del poeta che invita le persone, negli incontri che realizza in tutto

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«Nel possesso della terra [i mafiosi] continuano a vedere un segno di prestigio, quel “quarto di nobiltà” acquisito quando, al tramonto dell’epoca rurale, smisero di gestire i latifondi per conto dell’aristocrazia terriera per diventare a loro volta possidenti».[1] Dunque la terra (e il suo possesso) era, e resta, per le mafie,