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Metaverso

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Dal bar dello sport al Metaverso e ritorno

1 Settembre 2022
In una villetta di Campoformio, in provincia di Udine, qualche mese fa, sono stati ritrovati i corpi mummificati di due anziani, probabilmente deceduti per una fuga di gas. Erano morti da almeno sei mesi ma nessuno si era accorto di nulla.
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Dal bar dello sport al Metaverso e ritorno

1 Settembre 2022
In una villetta di Campoformio, in provincia di Udine, qualche mese fa, sono stati ritrovati i corpi mummificati di due anziani, probabilmente deceduti per una fuga di gas. Erano morti da almeno sei mesi ma nessuno si era accorto di nulla.

Nessuno li aveva cercati, nessun parente aveva pensato di fargli visita, nessun vicino si era interrogato della loro improvvisa sparizione. Non erano tanto vecchi, lei di 72 anni e lui di 66, ed erano molto attivi e spesso in viaggio. Un’età in cui ancora si coltivano relazioni sociali. Intorno alla casa l’erba si era fatta molto alta dando un chiaro segno di abbandono ma nessuno ci aveva fatto caso. La notizia è stata riportata da tutti i giornali come un dramma della solitudine. Uno dei tanti che con sempre maggiore frequenza finiscono sui giornali e che fanno sempre meno notizia.

Nel secolo scorso gli anziani, in prevalenza, vivevano o convivevano con famiglie più giovani, fatte di figli e nipoti o, comunque di parenti. Magari si condividevano spazi ristretti di cui a volte si soffriva, ma ci si scambiavano aiuti, storie e saperi. Anche i rapporti con i vicini erano improntati alla reciprocità e all’amicizia. Oggi denominiamo l’indifferenza “discrezione” e a volte consideriamo un gesto di amicizia una mera invadenza. E quindi perché meravigliarci della vicenda di Campoformio?

LA SCOMPARSA DELLA FAMIGLIA

L’evaporazione dei legami sociali e familiari si accompagna ormai da anni all’estinzione della famiglia che abbiamo conosciuto nel secolo scorso, fatta di due genitori, di almeno tre figli e di nonni e parenti spesso conviventi. Erano quelle famiglie a creare le relazioni di vicinato, a saldare relazioni e amicizie, a fare comunità. Se nel 1971 le famiglie unipersonali erano il 12,9% del totale e le famiglie con 5 e più componenti il 21,5%. Nel 2003 il rapporto si era totalmente invertito, le famiglie unipersonali avevano superato il 25% e quelle numerose erano crollate al 6,8% (Cfr. Roberto Volpi: La fine della famiglia — Mondadori — 2007). La tendenza si è ulteriormente accentuata in questi ultimi vent’anni. Infatti l’annuario statistico dell’Istat conferma una tendenza demografica che vede l’Italia al minimo storico di nascite (6,8 nascite ogni 1000 abitanti nel 2020) e famiglie sempre più piccole (2,31 componenti nel 2020) con il 33% degli italiani single. Nel 2021 in Italia ogni 100 minori 0-14 anni ci sono 182,6 anziani over 65 anni con un indice di dipendenza che vede ben 57, 3 persone inattive su 100. Nel medesimo anno si sono registrati 12,5 morti ogni 6,8 nati ogni mille abitanti.

CHI SI FARÀ CARICO DEL LAVORO DI CURA?

L’Istat già nel suo rapporto annuale, anno 2018, rilevava che in Italia, al 31 dicembre 2017, il 13% della popolazione viveva da solo. Ovviamente si tratta di una condizione che varia al variare delle età anche se risulta in costante crescita in tutte le età: tra i 25 e i 54 anni circa il 12%, tra i 55 e i 74 anni circa il 16%, mentre nelle età successive la percentuale si attesta sotto il 40%. Sempre l’Istat evidenziava che tra gli ultra settantacinquenni un’elevata percentuale di individui dichiarava di essere priva di parenti o amici a cui potersi rivolgere in caso di bisogno (poco meno del 40%) e tra questi solo il 12% dichiarava di poter contare su un vicino di casa. Sono dati che evidenziano un mutamento epocale nelle relazioni tra le persone e una crescita esponenziale della condizione di solitudine. L’allungamento della vita media è una grande conquista dell’umanità certamente dovuta al miglioramento generale delle condizioni di vita della popolazione, allo sviluppo dei sistemi sociosanitari e di protezione sociale e ai risultati della ricerca scientifica. Una conquista, non un problema. Ma può diventarlo se si inceppa il ricambio demografico e cresce l’indice di dipendenza. Perché in questo caso avremo sempre meno persone attive a sostenere i costi della popolazione non attiva e, in particolare, di quella parte di popolazione che con l’avanzare dell’età avrà sempre più bisogno di cure e di assistenza. 

SQUILIBRI DEMOGRAFICI GLOBALI

Ma il cambiamento demografico, con la crescita costante della popolazione anziana e il calo delle nascite, è un fenomeno che si sta estendendo a macchia d’olio in tutto il pianeta, anche se in misura e velocità diverse. La Russia, ad esempio, è afflitta da anni da un costante calo delle nascite, e in Cina vent’anni di politica del “figlio unico”, stanno producendo squilibri demografici difficilmente recuperabili nei prossimi vent’anni. La popolazione del pianeta cresce in modo disuguale e tale disallineamento, unito alle disuguaglianze economiche, alla crisi climatica e alle guerre, è il motore inarrestabile delle migrazioni. E infatti saranno gli immigrati a temperare gli effetti del calo demografico in Europa. Quelli che più di tutti hanno sperimentato e subiscono quotidianamente la solitudine e l’esclusione, quelli che Tahar Ben Jalloun colloca nel girone dell’estrema solitudine, saranno coloro che metteranno in equilibrio la demografia e i conti pubblici della vecchia Europa, a dispetto di sovranisti e razzisti di ogni nazionalità e colore (Cfr. Tahar Ben Jalloun: L’Estrema solitudine — RCS — 1998).

GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA

La pandemia ci ha relegati in casa, ci ha isolato gli uni dagli altri, ci ha collocati davanti allo schermo di un computer, ha incentivato la didattica e il lavoro a distanza e gli incontri virtuali, facendo emergere un fenomeno che, anche a causa del mutamento demografico, stava lievitando nei nostri contesti di vita già da anni: il dilagare della solitudine. Con lo smart working, niente più corse per marcare il cartellino, niente più file nel traffico impazzito per raggiungere il posto di lavoro e per rientrare a casa. Si possono evitare le conversazioni inutili e gli incontri non graditi con colleghi antipatici. Si riducono le distrazioni e si è più concentrati sul risultato. Il lavoro a distanza risulta più conveniente anche per i datori di lavoro che risparmiano costi di infrastrutture, arredo, attrezzature ed energia, eliminano i tempi morti per relazioni e conversazioni non necessarie. Tutti noi ci siamo resi conto che tanta parte del lavoro amministrativo, contabile e anche tecnico si può fare meglio a distanza. Per ora restano ancora non digitalizzabili i lavori di cura e alcune funzioni che richiedono obbligatoriamente la presenza fisica come l’assistente sociale, l’infermiere, il carabiniere, il vigile urbano o l’addetto alle pulizie. Ma sappiamo che anche questi lavori possono essere almeno ridotti da adeguati sistemi di videosorveglianza o dai robot. Ci mancheranno le chiacchierate e i bisticci con i colleghi, le riunioni in presenza, la pausa caffè e la pausa pranzo. Spariranno i bar aziendali, le piccole trattorie/pizzerie e i parcheggiatori abusivi. Ci abitueremo ai dialoghi virtuali e a interloquire con computer e tastiera. Saremo forse più efficienti ma sicuramente tutti più soli. Gli effetti della didattica a distanza sui giovani sono stati ancora più devastanti del lavoro a distanza. Tantissima letteratura sociologica aveva rilevato la crescente condizione di solitudine percepita dai giovani da circa vent’anni, non solo in Italia, ma in tante parti di Europa. In alcuni studi si attribuiva tale percezione al crescente uso dei tools digitali, in altri al cambiamento demografico, in altri ancora alle conseguenze del benessere materiale. In entrambi i casi la pandemia ha funzionato da acceleratore accentuando tale condizione, mentre nei casi di povertà economica ed educativa ha prodotto un aumento esponenziale della dispersione scolastica facendo lievitare il numero dei giovani NEET.  

UN’ESISTENZA SENZA CONTATTO

Stiamo assistendo alla smaterializzazione delle nostre esistenze e alla trasformazione progressiva delle cose in informazioni e immagini. Parliamo sempre di meno da vicino o anche al telefono preferendo i messaggi alla parola. La nostra capacità di attenzione in presenza è costantemente ridotta dall’invadenza dei messaggi. Ormai è un dato di fatto che si riesce a farsi ascoltare meglio con un messaggio WhatsApp  o Twitter che con una interlocuzione in presenza. Ma è fuor di dubbio che comunicare con messaggini riduce le competenze linguistiche fondamentali oltre alla capacità di sviluppare relazioni interpersonali. Anche quando ci si ritrova insieme in presenza finiamo per essere tutti soli in compagnia. Il miraggio digitale ha contagiato tutti noi. Gli strumenti digitali sono comodi, facili da usare e perennemente a portata di mano. Consentono relazioni senza contatto che si possono interrompere in qualsiasi momento con un semplice click. Per molti è la soluzione migliore alla crisi dei servizi di cura: teleassistenza, telesoccorso, telemedicina, telediagnostica, domotica, robotica sociale… Per gli anziani sono in corso avanzato di sperimentazione cani robot e badanti robot. Ricordo ancora i tempi in cui nelle sale di aspetto o dal barbiere si chiacchierava aspettando il proprio turno, ci si scambiavano informazioni, si condividevano ansie e timori, si esprimevano opinioni o banalmente si spettegolava. Era una buona palestra di empatia. Oggi sono tutti immersi nel proprio cellulare, fisicamente presenti ma tutti lontani. Quando viaggio in treno trovo inquietante la totale assenza di conversazione tra i passeggeri (anche amici con i quali si condivide il viaggio) sostituita dalla full immersion nei propri computer e cellulari. 

…L’istituzionalizzazione della vita senza contatto mi preoccupa molto. Se infatti continuiamo ad esorcizzare l’aspetto umano delle nostre transazioni quotidiane, non è inevitabile che ci sentiremo sempre più soli? Se la nostra frenetica vita urbana non è più interrotta dalle conversazioni alle casse o dalle chiacchiere con il barista, se non vediamo più il volto amichevole della persona dietro il banco della gastronomia mentre prepara il nostro panino… Se perdiamo il beneficio di tutte quelle micro-interazioni che, come ormai sappiamo, ci fanno sentire più legati, non è inevitabile che l’isolamento e il distacco saranno più profondi? Oltretutto il rischio è che più ci abitueremo alla vita senza contatto, meno saremo capaci di comunicare naturalmente di persona. Nell’epoca senza contatto corriamo il rischio di conoscerci sempre di meno, di sentirci sempre meno legati l’uno all’altro e di essere quindi sempre più indifferenti ai bisogni e ai desideri altrui. Non possiamo spezzare il pane insieme, dopotutto, se siamo seduti a casa a mangiare Deliveroo per conto nostro.

Norena Hertz: Il secolo della solitudine — Il Saggiatore — 2021

È vero che l’e-commerce, fatto di velocità e consegne a domicilio, ha una sua comodità, ma vuoi mettere il piacere di girare per librerie, chiacchierare con il libraio, sfogliare e leggiucchiare un libro e accarezzarne la copertina prima di acquistarlo…?  

LA TRANSIZIONE NELLO SPAZIO VIRTUALE 

E che dire del Metaverso? Cioè della transizione dallo spazio reale a quello virtuale dove incontriamo, conversiamo, viaggiamo in compagnia di personaggi virtuali?  Metaverso è il futuro di Internet, un insieme di spazi virtuali attraversati da avatar, un passo avanti rispetto alla realtà virtuale… Nel Metaverso, gli utenti accedono tramite visori 3d e vivono delle esperienze virtuali: possono creare degli avatar realistici, incontrare altri utenti, creare oggetti o proprietà virtuali, andare a concerti, conferenze, viaggiare e altro. Da soli a casa armati di schermo e tastiera ma in compagnia nel Metaverso.

CI SONO SOLUZIONI?

Dopo secoli di promiscuità e di abitazioni sovraffollate, abbiamo cercato spazi fisici e mentali meno condivisi, meno controllati, più personali. Abbiamo cercato quella solitudine che riduce i vincoli e ci fa sentire più liberi dal controllo sociale. Per certi versi una qualche forma di solitudine l’abbiamo cercata e desiderata. Volevamo sentirci liberi da ogni forma di condizionamento politico, religioso, culturale, sociale e in questa ricerca ci siamo liberati di una grande quantità di vincoli. Il progresso e la crescita economica che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso ha aperto le porte al secolo dei diritti individuali. Ma le relazioni sono sia vincoli che legami. E purtroppo l’estrema libertà, cioè la totale assenza di vincoli ci consegna all’estrema solitudine. Nella ricerca della libertà abbiamo ridotto al minimo il vincolo di responsabilità e aperto la strada alla solitudine. La solitudine è uno stato d’animo e una condizione sociale di esistenza che si influenzano a vicenda. A essa contribuiscono tante variabili: quella demografica, quella sociale, quella sanitaria, quella culturale, quella economica, quella digitale… Troppe per poterle controllare tutte. La concomitanza di un insieme di criticità ne ha determinato l’esplosione nei primi vent’anni di questo nuovo secolo. La Gran Bretagna per prima nel 2007 ne ha riconosciuto il rilievo e ha istituito un Ministero per la solitudine. Poi l’hanno seguita la Germania, la Spagna, il Giappone e con varie iniziative tantissime altre nazioni. La solitudine tende a inaridire le relazioni tra le persone e a ridurre la fiducia reciproca. Per questa ragione rappresenta un pericolo per la convivenza democratica e rischia di trasformare le nostre democrazie in qualcosa di molto diverso da quelle che abbiamo conosciuto nel secolo scorso. Senza partecipazione attiva e relazioni di fiducia reciproca le democrazie inaridiscono e muoiono. La deriva autoritaria di tante nazioni democratiche, alla quale stiamo assistendo, si origina in questo male oscuro. Averne consapevolezza è già un primo passo per avviare un cambio di mentalità e un mutamento nei comportamenti individuali e collettivi. Abbiamo assoluta necessità di temperare la libertà con la responsabilità del prendersi cura e del farsi carico.

Dobbiamo ritrasformarci da consumatori a cittadini, da egoisti ad altruisti, da osservatori indifferenti a partecipanti attivi. L’antidoto al secolo della solitudine, in fin dei conti, può essere solo l’esserci l’uno per l’altro, indipendentemente da chi è l’altro. Se davvero vogliamo riunirci in un mondo che si sta disgregando, è il minimo che possiamo fare.

Noreena Hertz, op.cit.

per citare questo articolo

Porfidio Monda:

Dal bar dello sport al Metaverso e ritorno,

n. 26 - Solitudini,

settembre-dicembre 2022

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

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In Preludio a un bacio di Tony Laudadio, Emanuele racconta in prima persona la sua storia dolcissima, complicata e anche un po’ surreale. Emanuele è un barbone, un musicista solo che, per mantenersi, suona agli angoli delle strade, facendo innamorare i passanti della sua musica.

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Quando la solitudine non farà più rima con marginalità sociale, etnica, culturale, economica, politica vivremo in una dimensione sana, dove saremo in grado di apprezzare la faccia buona della solitudine. Quella che si traduce in un tempo privato ed estremamente prezioso per ogni singolo essere umano.