Non possiamo dimenticare però, che homo homini lupus e, quindi, l’egoismo in genere fa da padrone nelle nostre relazioni e se non si ricercasse continuamente un equilibrio si andrebbe incontro a continue guerre. Fortunatamente all’evoluzione biologica segue sempre una evoluzione culturale: ed è proprio questa crescita dell’uomo a consentire che la pace regni sovrana su gran parte del nostro continente e, anche se non unici, gli ultimi allucinanti avvenimenti della cronaca russo-ucraica smentiscono purtroppo questa mia affermazione. Sono convinto che a ogni uomo sia capitato perlomeno una volta di sentirsi solo. Ritengo che le cause della solitudine, intesa come disagio, a meno che non scaturisca da deficit patologici (penso a solitudini indotte, causate, subite, provocate) siano da ricercare in una scelta o in una mancata responsabilità. Il rapporto con il nostro prossimo è fondamentale: sin da piccolo la madre rivolge attenzioni al bambino ed è stato provato scientificamente che il bambino a cui sono state date più attenzioni, rispetto a un altro, crescerà più sereno e si integrerà più facilmente con i suoi coetanei. Mi chiedo: in questa nostra frenetica vita, ci fermiamo ogni tanto per vedere in quale direzione stiamo andando? Le drammatiche notizie di cronaca, che troppo spesso ascoltiamo, mi spingono a pensare che è necessario fare un passo indietro, abolire il do ut des in nome di relazioni autentiche, fare delle scelte determinate, imparare a guardare oltre, saper leggere le fragilità di chi vive accanto e adoperarsi affinché anche il concetto di solitudine si trasformi e le sfumature grigie lascino il posto a quelle rose. Forse il bambino, l’adolescente doverosamente curato una volta cresciuto, quando subirà il frastuono del nostro mondo, trovandosi solo ad affrontare qualsiasi situazione sarà un adulto che imparerà ad ammirare la bellezza di un cielo stellato, a stupirsi per un fiore che sboccia… E forse quella sua solitudine gli servirà… Per apprezzare il grande dono della vita e la sua grande bellezza.
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In Preludio a un bacio di Tony Laudadio, Emanuele racconta in prima persona la sua storia dolcissima, complicata e anche un po’ surreale. Emanuele è un barbone, un musicista solo che, per mantenersi, suona agli angoli delle strade, facendo innamorare i passanti della sua musica.