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Orione 29 - Colore - Omaggio a Vincent Van Gogh, illustrazione di Bruna Pallante. Dettaglio di copertina

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Una questione di identità

4 Settembre 2023
Osserviamo e definiamo ogni cosa in termini di colore e di forma. Gli oggetti acquistano forma e colore attraverso la luce. Pertanto, il colore è una caratteristica identitaria di ogni materia, nel momento in cui questa incontra la luce.
Orione 29 - Colore - Omaggio a Vincent Van Gogh, illustrazione di Bruna Pallante. Dettaglio di copertina

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Una questione di identità

4 Settembre 2023
Osserviamo e definiamo ogni cosa in termini di colore e di forma. Gli oggetti acquistano forma e colore attraverso la luce. Pertanto, il colore è una caratteristica identitaria di ogni materia, nel momento in cui questa incontra la luce.

Ovviamente il colore non è solo materia colorata, ma anche la sensazione che si prova nel momento in cui la si osserva. E le caratteristiche cromatiche che generano le sensazioni, attribuiscono a ogni colore un significato, anzi una molteplicità di significati. La stessa percezione del colore tende a mutare nel corso del tempo, non solo per caratteristiche fisiologiche e genetiche, ma anche a causa dell’evolversi dei paradigmi culturali. Esiste, infatti, una grammatica culturale del linguaggio cromatico che tende a mutare nel tempo. La tavolozza dei colori ha avuto una molteplicità di classificazioni. Nel 1800 Michel Eugène Chevreul definì ben 14.000 tonalità cromatiche, a partire dalle mescolanze di rosso, blu e giallo. Gli antichi egizi associavano il colore alle pietre preziose attribuendo a essi significati morali e religiosi: la pietra rossa sardonica era associata al coraggio, il verde smeraldo all’azione anti venefica, il giallo topazio alla mitezza, il blu zaffiro alla purezza, l’azzurro del berillo alla tranquillità, il rosato dell’onice alla castità. La stessa pratica di colorazione del corpo — che si origina fin dagli albori della civiltà e che si è andata poi affermando con la scienza cosmetica e con il tatuaggio – riveste una inequivocabile natura simbolica. Claude Lévi Strauss affermava: 

«Oggi i Caduvei si dipingono soltanto per essere più piacenti; ma un tempo quest’uso aveva un significato più profondo… Bisognava dipingersi per essere uomini: colui che restava allo stato naturale non si distingueva dal bruto», e aggiungeva «Questa chirurgia pittorica opera una specie di innesto dell’arte sul corpo umano».

Rimmel, nel 1870, nelle sue descrizioni della cosmesi, formulava le seguenti prescrizioni: «Il bianco che corregge i toni della pelle, il rosso che ripristina la freschezza delle guance, l’azzurro che sottolinea i confini della fronte, il carminio che ravviva l’incarnato delle labbra, il rosso tenue che impartisce alle dita la tonalità dell’aurora». Il colore ha storicamente definito anche le identità e le appartenenze e quindi gli amici dai nemici. Si pensi ai colori delle divise militari. La divisa da guerra dell’esercito spartano era di lana rossa. Il bacino mediterraneo poi, in epoca micenea, è conquistato dal colore rosso porpora dei Fenici che lo commerciarono in tutto il mondo antico. E, infatti, il colore della porpora era il colore principale di Roma imperiale, mentre il colore blu scuro, ricavato dalla pianta del guado, era il colore delle popolazioni barbariche nord europee (Celti, Galli, Britanni).

Si pensi, poi, anche ai colori dei materiali di costruzione che trasferivano forti sensazioni cromatiche all’abitato: il giallo ocra dei laterizi o il rosso del cotto romano o la varietà di colori dei rivestimenti marmorei, dei mosaici dei cicli pittorici. Nel cristianesimo medievale compare il colore viola del peccato e della penitenza in contrapposizione al verde della nuova vita e della fertilità della terra e dello stato di grazia e al celeste caricato di significati soprannaturali. In contrapposizione ai colori cristiani azzurro-verde si affermano i colori musulmani verde-turchino. Da questi colori discendono poi i colori dei vessilli degli eserciti e quelli delle bandiere, fino ai colori araldici. E, infine, il colore associato all’orientamento sessuale: il rosa per le bambine e il celeste per i bambini.

IL COMMERCIO DEL COLORE 

L’arte tintòria si afferma già nell’antichità classica. Un ricettario, stilato assai probabilmente al tempo di Carlo Magno, Compositiones ad tingenda musiva, scoperto a Lucca e pubblicato nel XVIII secolo dal Muratori, compendia la fioritura dell’arte tintòria nell’era classica e illustra la tecnica del mosaico e degli effetti colorici su pasta vitrea realizzati mediante ossidi metallici già in uso in epoca romana. Ma è nel periodo medievale che esplode il commercio tintorio ed evolvono le tecniche di coloritura. Tra queste, la parte più interessante non è soltanto quella che riguarda la tecnica di estrazione e macinazione delle essenze coloriche, ma anche quella dei segreti per fissarle stabilmente. 

«Reperti e collazioni di diverse tecniche fanno confluire in un unico sistema la produzione del colore, riunendo, per la prima volta, in un unico corpus l’arte del vetro, del mosaico, delle terraglie e dello smalto insieme a quelle della miniatura e dove si fanno intervenire i fissativi delle tempere con l’albume d’uovo o con la cascina  in primitive tecniche di affresco. La fioritura colorica del medioevo sarà perciò da collegare strettamente con l’elaborazione delle tecniche dei fissativi che si sostituiscono a quelli alterabili, interdetti e impuri ancora in uso: della saliva, dell’orina, dello sterco, del sangue, fino al fissativo a olio di lino che inaugura l’epoca del colore in quanto pittura». Sappiamo che «L’esplosione del commercio tintorio medievale copre una vastità di prodotti, dove ricorrono conoscenze botaniche e pratiche alchemiche nelle svariate produzioni che contraddistinguono i luoghi e le città di origine».

Nell’area italiana pre-rinascimentale, presso i centri tintori della lana e della seta a Firenze, a Venezia e a Genova, riemerge la prevalenza del rosso con la limitata immissione dell’indaco orientale. Nelle aree francesi, e più limitatamente in Germania, trionfava la tintura azzurro scura del guado. Le tonalità verdi fiamminghe e nere delle Fiandre sono altrettanto famose e frequentissime nei richiami figurativi. Il trionfo del nero continentale si esalta ancora di più quale abito della borghesia ricca nata dalla Riforma protestante durante tutto il XVII secolo. Il colore alimenta i commerci e le mode.

IL COLORE PER DOMINARE ED ESCLUDERE

Secondo Mary Duglas purezza e pericolo sono le due categorie della conoscenza che hanno orientato i comportamenti e le dinamiche di dominazione e di subordinazione in Occidente. Alla purezza è associato il bianco e al pericolo tutte le sfumature del nero che contaminano e sporcano il bianco. Il bianco è associato all’idea di pulizia e il nero all’idea di sporco. Il bianco è lo spazio incontaminato e il nero è la minaccia incombente. Il bianco è la vita e la trascendenza, il nero è la morte e la penitenza. L’Immacolata Concezione rappresenta la trasfigurazione religiosa del colore come potere. Una trasfigurazione tanto potente quanto pericolosa.

L’uso del colore per definire le gerarchie del potere, in termini razziali, si origina nella notte dei tempi e, ancora oggi, permane come giustificazione di razzismi vecchi e nuovi. La gerarchia del colore vede la dominanza del bianco su tutti gli altri e poi in fondo alla scala le diverse sfumature di nero. Il Dio dei cristiani è bianco come la sacra famiglia, tutti gli apostoli e quasi tutti i santi. La supremazia del bianco trova pertanto investitura divina e giustifica la subordinazione gerarchica di tutti gli altri colori: gialli, rossi, olivastri, neri. I neri erano collocati in fondo della scala gerarchica a giustificazione della schiavitù che ha dominato l’età antica e poi quella medievale. Le persone venivano rese schiave per ragioni economiche con la scusa della religione e del colore della pelle. Ci sono voluti secoli per confutare tutte le teorie giustificatorie della schiavitù. L’ultima a cadere è stata, però, la teoria del colore ed è fuor di dubbio che resiste ancora per giustificare razzismi ed esclusione sociale. La presunta supremazia del bianco resiste ancora oggi e non solo tra i suprematisti bianchi. L’idea di purezza e di bellezza associata al colore della pelle continua ad attraversare la nostra cultura identitaria come un fiume carsico che continua periodicamente a riemergere in superficie e ad avvelenare le relazioni tra le persone e tra i popoli. L’uso del colore richiede grande prudenza e grande abilità. La vita senza colori è solo tenebra. Lo splendore del bianco e del nero nella fotografia e nel cinema lasciava spazio all’immaginario colorato. Non solo gli oggetti, ma anche i pensieri, le idee e le emozioni sono colorate e ogni forma riceve identità dal colore. Ma come ogni processo identitario il colore può diventare sia un percorso di libertà sia una terribile prigione. 

BIBLIOGRAFIA

Enciclopedia Einaudi: Volume 3 — Colore

Franco Brunello: L’arte della tintura nella storia dell’umanità  — Neri Pozza — 1968

C. Levi-Strauss: Tristi tropici  — Il saggiatore — 1975

P. Rovesti: Alla ricerca dei cosmetici perduti  — Marsilio — 1975 

Riccardo Falcinelli: Cromorama — Einaudi — 2017

per citare questo articolo

Porfidio Monda:

Una questione di identità,

n. 29 - Colore,

settembre-dicembre 2023

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

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Esistono i colori in natura? Alla domanda apparentemente provocatoria si potrebbe rispondere sì e no, in quanto è il nostro cervello che, attraverso alcune cellule nervose, i fotorecettori chiamati coni, presenti nella parte più sensibile della retina (fovea) convertono alcune lunghezze d’onda dei fotoni della luce in segnali che definiamo colori.