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Dettaglio Copertina Orione n. 21 - Condivisione - 11

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Un lavoro ben fatto

1 Dicembre 2020
In questa nostra epoca storica, sia come uomini che come imprese, è necessario un profondo cambiamento, un mutare il nostro modo di essere e di fare per concederci nuove opportunità. Ci serve, in pratica, una sorta di nuovo Rinascimento, una fase in cui è un dovere infrangere delle regole, perché è così che funziona la creatività.
Dettaglio Copertina Orione n. 21 - Condivisione - 11

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Un lavoro ben fatto

1 Dicembre 2020
In questa nostra epoca storica, sia come uomini che come imprese, è necessario un profondo cambiamento, un mutare il nostro modo di essere e di fare per concederci nuove opportunità. Ci serve, in pratica, una sorta di nuovo Rinascimento, una fase in cui è un dovere infrangere delle regole, perché è così che funziona la creatività.

In più, facendolo insieme. Ecco il tema, il fare insieme. Un fare che è schema di ri-partenza, cioè un itinerario sociale e imprenditoriale che ha anche una sua schematicità, il cui avvio prende le mosse da un mutamento di condizioni esterne che si possono così riassumere: la crisi e la solitudine di uomini e donne. Questa è la sfida: sentirsi uomini e donne d’azienda è l’obiettivo che contraddistingue le aziende di successo da quelle normali. Nelle prime è alto il grado di integrazione nei processi organizzativi e produttivi e la capacità di metabolizzare ed esprimere in concreto i valori aziendali. In una realtà del genere per tutti è chiaro lo scopo dell’impresa, perché è il medesimo che hanno le persone stesse. Qui l’impegno è massimo: i collaboratori sono l’azienda stessa. Nel secondo caso è vero tutto il contrario. L’integrazione totale porta sviluppo e crescita. Ed è l’assorbimento dei valori e dell’etica che contraddistinguono un gruppo a determinare una graduale integrazione. Ecco perché è importante che l’imprenditore etico scelga bene le sue persone e poi le sappia anche ben integrare.

L’integrazione, a sua volta, è tanto più rapida quanto è facilitata dall’esistenza di un percorso di apprendistato e di affiancamento di figure in grado di fornire prezioso supporto e da una conclamata affermazione, e una conseguente inequivocabile comprensione, dei valori ai quali fare riferimento. Un collaboratore diventa uomo o donna d’azienda attraverso l’apprendistato, l’affiancamento e con il trasferimento della conoscenza tacita, ossia attraverso quella conoscenza che non è codificata su testi o manuali, ma che è nella testa di chi ha maturato una profonda esperienza lavorativa, acquisendo abilità e informazioni che possono essere trasmesse soltanto attraverso il contatto personale e l’esempio pratico. Questo processo viene anche definito “apprendimento della parte intangibile” ed è realizzato abbinandolo a meccanismi di delega, lavorando insieme a qualcuno già esperto e parallelamente dialogando su ciò che si fa. Anche e soprattutto in questo caso, la relazione, il confronto e la comunicazione sono vitali. È il ricreare la famosa “bottega rinascimentale”, dove maestri e alunni si mescolano tra loro, partecipando a tutte le fasi dei lavori. Un modello mirabile di trasferimento della conoscenza tacita, della brillantezza, della spregiudicatezza e del coraggio del neofita mischiata alla saggezza e conoscenza del maestro, in un pieno contesto dell’imparare facendo. Spesso questo non avviene nelle aziende in fase di espansione, sia per questione di tempo, sia di costi che di carichi di lavoro, e l’addestramento dei collaboratori che si inseriscono nel gruppo viene colpevolmente poco o per nulla curato: lo si rimanda sempre, considerandolo un valore secondario nello sviluppo d’impresa. Succede perché non si riescono a soppesare oggettivamente vantaggi e svantaggi.

È indubitabile che un collaboratore designato ad affiancare un apprendista o un tirocinante alle prime armi debba sacrificare allo scopo una buona parte del tempo che normalmente gli occorre per assolvere alle sue funzioni e questo andrà evidentemente a scapito di qualcosa e provocherà un rallentamento delle attività o qualche eventuale disagio sull’efficienza dell’operatività di un’azienda; ma, appena completato il “rodaggio”, la produttività del nuovo arrivato compenserà largamente, e con gli interessi, quanto si è lasciato eventualmente per strada. L’integrazione delle persone in azienda gira tutt’attorno al concetto delle competenze, cioè alle capacità di relazione e partecipazione a tutti i processi aziendali e a tutti i livelli.

Essere, quindi, sempre sul pezzo, tutti quanti. Essere competenti, dove esserlo non significa essere più intelligenti di qualcun altro: significa saperne di più, saper fare di più. Sapere come fare e farlo. Stiamo parlando di cultura d’impresa, tecnicamente di know-how, di avviamento d’impresa, dove la competenza, in definitiva, si acquista e poi si estrinseca soltanto attraverso l’applicazione e la determinazione. A fare la differenza sono, quindi, le persone e per fare in modo che ci sia differenza, gli imprenditori devono impegnarsi nel percorso di integrazione dei loro collaboratori, senza paure o limitazioni alcune. Integrare i migliori, soprattutto di se stessi, ricordandosi sempre che a fare la differenza fra un collaboratore e un altro, in fatto di coinvolgimento e competenza, sono soprattutto le diverse priorità. Questo dipende anche dal posto che nei loro interessi occupa l’azienda.

È partendo da questa consapevolezza che l’impegno di un imprenditore deve essere massimo, utilizzando le leve motivazionali, sovvertendo l’ordine delle priorità, facendo salire l’azienda nelle primissime posizioni del suo mercato e, soprattutto, agire sulla sua modalità di fare impresa. Allinearsi su questo pensiero ci porta persino a non temere il concorrente, anzi a ricercare in lui un “collega”. Questo è un tempo in cui riscoprire il valore del fare insieme e di concorrere tra noi, senza paura. Per crescere dobbiamo ricercare l’altro, creare il contatto, anche giuridico, quindi consorzi, cooperative, reti d’impresa, veri esempi tangibili di opportunità per mettere insieme conoscenze e valori in funzione del bene comune. Un fare impresa in cui le dinamiche del gruppo sono quelle forze intangibili capaci di produrre cambiamenti, creando un vero gruppo che sa porsi una meta, che più è ambiziosa, più ha effetti galvanizzanti. Persone che operano insieme per il bene comune, per il successo del progetto, esprimendo un potenziale che si realizza attraverso la trasversalità, l’interazione e la complementarietà e che tramite l’apprendistato e l’affiancamento trasferiscono il know-how, la “conoscenza tacita” espressa nel saper fare le cose. Il concetto del lavoro fatto bene, quello del lavoro in sé che deve essere ben fatto.

Competenza allora. Competenza che è figlia dell’attenzione. E l’attenzione è figlia della motivazione.

per citare questo articolo

Giuseppe Ossoli:

Un lavoro ben fatto,

n. 21 - Condivisione,

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

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Paul Watzlawick nel suo prezioso Pragmatica della comunicazione umana teorizza, forse per la prima volta con una metodologia scientifica, una serie di assiomi che descrivono proprietà tipiche della comunicazione aventi importanti implicazioni relazionali. L’assunto iniziale è che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare, implicando livelli comunicativi non solo di contenuto ma anche di relazione.