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Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

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Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

10 Aprile 2020
Dove sta il discrimine che distingue gli esseri umani dai simulacri che l’uomo stesso ha creato?
Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

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Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

10 Aprile 2020
Dove sta il discrimine che distingue gli esseri umani dai simulacri che l’uomo stesso ha creato?

È forse il sogno? Philip K. Dick ragiona intorno a questo vortice intricato nel suo libro forse più famoso che non a caso, nella versione originale edita nel 1968, si intitola Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Stacchiamoci un attimo dall’epoca storica in cui Dick scrisse il suo libro e guardiamo a come viviamo oggi. Immersi in vite, in case, sempre più smart. Una natura sempre più distante e una vita sempre più virtuale. Viviamo e sogniamo rapporti mediati da un oggetto elettronico che sta nelle nostre mani. Prolungamento artificiale dei nostri arti e della nostre menti. E allora ci chiediamo quale può essere la differenza tra noi e gli androidi del libro. In una versione del libro del 2000 Carlo Pagetti, nell’introduzione, riassumeva l’assonanza tra le due vite con queste parole: «Se gli androidi del titolo sono condannati a sognare pecore elettriche, non diversamente da loro i personaggi di Dick sono immersi in sogni di plastica, contaminati dall’illusione di cogliere qualche brandello di conoscenza che filtri dagli schermi televisivi o si sprigioni dalle droghe sintetiche, necessarie per alleviare il peso della vita quotidiana». Nel romanzo l’autore ci introduce in un mondo apocalittico dove la maggior parte delle specie animali si sono estinte. Pochi fortunati possono permettersi un vero animale, mentre gli altri, tra i quali il protagonista, si accontentano di simulacri robotici. Le pecore elettriche che gli androidi possono sognare sono gli animali di compagnia di molti umani che non possono permettersi un vero animale, uno dei pochi rimasti. Come descrivono Caronia e Gallo nel saggio Philip K. Dick la macchina della paranoia: «Una catastrofe nucleare ha estinto tutti gli animali domestici: i pochi rimasti costano un occhio della testa e sono esclusivi status symbol da nababbi. La gente comune, come Rick e consorte, si accontenta di pecore elettriche, cioè di androidi di animali che accudisce come fossero veri (nel caso di Rick, una capra fasulla)». È quindi proprio il sogno, sempre secondo Pagetti, che ci rende simili, androidi e umani, androidi e noi che li abbiamo creati. Gli androidi di Dick hanno un passato inventato, un passato inesistente che li rende inconsapevoli della loro natura artificiale, così come noi umani abbiamo un passato costruito, falsificato dalle estensioni tecnologiche della nostra vita. Gabriele Frasca sottolinea, nella postfazione alla stessa edizione del libro del 2000, come, se osserviamo gli elettrodomestici che arredano gli scenari sociali del 1992 di Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, non si possa evitare di cogliere una sovrapposizione con gli elementi del nostro vivere quotidiano, «così come si è andato strutturando, con tutte le sue brave protesi mediali, dall’anno di pubblicazione del romanzo in poi». E come noi umani nei sogni viviamo e riviviamo questo passato contaminato anche gli androidi, sognando, diventano umani. E anche se sognano pecore elettriche poco cambia rispetto al nostro sognare realtà ormai virtuali. Il sogno diventa quindi una linea di confine che sfuma, che svanisce, tra ciò che è autentico e ciò che non lo è. Tra l’originale e la copia. Di questo e di molto altro si preoccupava Dick passeggiando con un amico a due passi dalla sua abitazione, in quello che era, a quei tempi ma forse ancora oggi, il tempio della vita simulata costruita dall’uomo: Disneyland, ovvero la dimora delle ossessioni che spingevano Dick a scrivere. Non chiediamoci quindi cosa sognano, ma se sognano. Dalla prima “creatura” della letteratura, ovvero il mostro di Frankenstein, non chiediamoci quanto sia uguale o diverso da chi lo ha creato. Chiediamoci invece quanto i suoi sogni siano simili a quelli del suo creatore. Il mostro creato da Victor Frankenstein sogna di essere accettato, sogna di poter essere utile, di venire accettato, sogna una compagna con cui stare, da poter accudire. Sogna, infine, ciò che sognano gli umani, i suoi creatori. Non era il tempo di “pecore elettriche” ma già qua vediamo, in nuce, il rapporto tra copie e originali che formano il corpo della letteratura di Philip K. Dick. Il romanzo stesso di Dick è in bilico tra due situazioni esistenziali: la gloria e l’oblio. È solo grazie a uno dei capolavori della fantascienza, realizzato nel 1982 (l’anno della morte di Dick), che il libro diventa un caposaldo della Science Fiction. Quando esce Blade Runner il romanzo di Dick viene riscoperto e la sua potenza narrativa, l’impatto della sua poetica, diventa prorompente. Le immagini di Ridley Scott, diventate subito iconiche, amplificano il messaggio di Dick. È possibile tracciare una linea di confine netta tra un androide e un cacciatore di androidi? La domanda che già usciva dal libro e riproposta dal film è perentoria: lo stesso protagonista, il cacciatore di androidi, è un androide? Quando nel film Rick Deckard sogna un unicorno, si apre un mondo di possibilità. L’incertezza sulla sua natura diventa il crinale su cui corre tutta la storia e le vite si intersecano nell’incapacità di conoscere e di distinguere. Sono gli eventi che si susseguono a mettere in discussione continuamente l’identità di Rick. Lo stesso Dick sostiene: «Forse, siamo noi umani – teneri e buoni d’aspetto, con i nostri occhi pensierosi – le vere macchine. E quelle costruzioni oggettuali, gli oggetti naturali che ci circondano – in particolare, i macchinari elettronici da noi costruiti, i trasmettitori e le stazioni di ritrasmissione a microonde, i satelliti – potrebbero essere il travestimento di realtà viventi». Ma poco importa sapere se si è copie o originali quando, alla fine, ognuno di noi non può far altro che sognare pecore artificiali.

LINK UTILI

per citare questo articolo

Marco Crespi:

Ma gli androidi sognano pecore elettriche?,

n. 19 - Il sogno,

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

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Ho più volte provato a scrivere e riscrivere questo editoriale per il numero sul sogno e ogni volta ho ricominciato daccapo: quando abbiamo progettato questo numero di Orione eravamo ben lontani dalla pandemia da Covid-19 e la vita scorreva — anzi correva — come al solito.