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Dettaglio di copertina, Omaggio a Lady Diana, Illustrazione di Bruna Pallante

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De pulchritudine. Il buio e la bellezza

4 Maggio 2022
Un tramonto affascinante, un sorriso radioso, il capolavoro d’un grande artista: lo splendore della bellezza passa sempre attraverso gli occhi? E la vita di un cieco non sarà mai allietata dalla gioia della bellezza?
Dettaglio di copertina, Omaggio a Lady Diana, Illustrazione di Bruna Pallante

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De pulchritudine. Il buio e la bellezza

4 Maggio 2022
Un tramonto affascinante, un sorriso radioso, il capolavoro d’un grande artista: lo splendore della bellezza passa sempre attraverso gli occhi? E la vita di un cieco non sarà mai allietata dalla gioia della bellezza?

Molti pensano con terrore a un mondo privo di luce e impermeabile al piacere del vivere, un mondo perennemente avvolto dalla pesantezza del buio. Ma la cecità produce soprattutto problemi di carattere pratico con risvolti sociali fortemente negativi. Quanto alla visione del mondo… non ci scordiamo che per un cieco congenito il buio non esiste, non ne ha mai avuto esperienza come non ne ha avuto della luce. Il buio è per lui una parola priva di significato concreto. Quindi, mettiamo da parte la romantica tristezza di una vita avvolta nelle tenebre e poniamoci il problema in termini reali.

In primo luogo, è evidente che la bellezza non abita soltanto il regno del vedere. Bellissimo può essere un insieme di suoni (la musica) o un insieme di parole (la poesia); bellissima un’effusione di profumi, una relazione umana, una situazione sociale. In tutto questo la vista non c’entra.        

Ma non voglio sfuggire all’interrogativo iniziale: la bellezza della natura, di una persona umana, di un’opera d’arte appartiene soltanto al dominio della visione? 

Cerchiamo anzitutto di chiarire i contorni del sentimento della bellezza. È bello tutto ciò che produce in noi un senso di benessere, un’appagante armonia di relazioni tra le cose e con le cose, un fecondo rapporto con l’oggetto che stimola in noi un benefico impulso di vitalità. Sì, la bellezza è un sentimento, non la qualità di un oggetto, ma dell’emozione che esso è capace di suscitare in noi. E questo senso di intima coesione del molteplice può esser stimolato persino dalla contraddizione e dalla disarmonia quando l’arte riesce a sublimarle nell’unità di una sintesi geniale.

In tutto questo i sensi hanno un ruolo importante, ma ciò che conta è la capacità di tradurre quelle sensazioni in significati coinvolgenti, in emozioni e in sentimenti.  

Un tramonto emozionante è bello da vedere se riesce a realizzare attraverso lo sguardo lo stupore indescrivibile del fortunato rapporto con la natura nell’hic et nunc di una situazione felice. Ma questo rapporto con la natura non nasce soltanto dal vedere: è tanto più forte e significativo se ci coinvolge nella globalità del nostro essere. Una relazione virtuale non è mai paragonabile alla realtà di un’emozione vissuta in presa diretta. Ammirare quel tramonto essendo lì, sulla collina davanti al mare, non è come vederlo sullo schermo della tv o in una fotografia. La differenza è nell’aggiungersi alla sensazione visiva, del tepore dell’aria che ci sfiora, dei profumi portati dal vento, del cinguettio degli uccelli al calar del sole e, magari, del piacere di una gradita compagnia. Quell’immagine visiva diventa assai più affascinante se si integra in un’esperienza ricca perché reale. 

I sensi, la mente, il cuore: ecco l’itinerario della bellezza.

A un cieco manca quell’immagine visiva, che per i vedenti rappresenta la prima tappa, ma anche lui può vivere un rapporto con la natura fondato sulla sincronia degli altri sensi che sa dare il via a quel viaggio meraviglioso.

Circa la fruizione di un capolavoro dell’arte, possiamo indicare lo stesso itinerario: l’approccio tattile o addirittura multisensoriale consente di penetrare nei segreti recessi della bellezza al pari  dell’approccio visivo. La sensibilità tattile, così poco conosciuta, offre una ricca gamma di qualità specifiche, essenziali per un’approfondita conoscenza delle cose e dei materiali, ma anche per il puro piacere di toccare come primo passo verso un’esperienza estetica ricca e raffinata (cfr. Aldo Grassini: “Per un’estetica della tattilità. Ma esistono davvero arti visive?”, Armando, 2019).

Prima di concludere voglio soffermarmi, seppur brevemente, sulla bellezza di una persona, di un sorriso, di una figura. L’itinerario è sempre lo stesso: i sensi, la mente, il cuore. In questo caso, però, il tatto per ragioni sociali è raramente utile, in quanto la nostra cultura non consente di toccare una persona, ammenochè non ci sia un particolare rapporto affettivo. Ma dobbiamo esser consapevoli che la bellezza di una persona non è mai legata, contrariamente a quanto si crede in modo superficiale, esclusivamente  alle forme fisiche. Ciò che ci piace o addirittura ci affascina è la personalità. Una persona è bella per quello che sa ispirarci la sua figura. Un viso ben fatto non è mai bello se inespressivo. Una figura umana deve comunicare qualcosa, deve suscitare un qualche interesse e ciò non dipende mai soltanto dalle forme fisiche. Un corpo è attraente per l’atteggiamento che assume, la bocca è trasfigurata dal sorriso, gli occhi incantano per la luce che li anima, un viso per il pensiero che rivela. 

Tutto questo si apprende con gli occhi, ma esistono altre sensazioni capaci di rivelare i caratteri di una personalità. Un viso “rifatto” può ingannare l’occhio, ma non riesce a nascondere lo sfiorire della giovinezza al contatto della mano. E poi c’è la voce. Chi vede non sempre se ne accorge, ma la voce è un elemento di fisicità, come il corpo, che si percepisce con il senso dell’udito e rivela tutte le più sottili sfumature dell’emotività. Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima, ma questa definizione può applicarsi a buon diritto anche alla voce. I sensi, la mente, il cuore: l’itinerario della bellezza vale per un cieco anche in riferimento alle persone. Qualcuno può obiettare che il suo giudizio potrebbe non coincidere col giudizio di chi vede, ma io, a mia volta, posso obiettare che in questa osservazione c’è una presunzione di oggettività come esclusivo monopolio del vedere!                  

BIBLIOGRAFIA

per citare questo articolo

Aldo Grassini:

De pulchritudine. Il buio e la bellezza,

n. 25 - Bellezze,

maggio-agosto 2022

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

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Per chi progetta cose, dall’architetto che progetta case a chi, come me, progetta la comunicazione, il concetto di bellezza è indissolubilmente legato a quello di funzione d’uso: se una cosa funziona e raggiunge l’obiettivo per cui è stata pensata, allora è bella.

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Ho capito che avevo scelto la persona perfetta per parlare di Bellezza come ideale estetico, quando Mauro Situra, dopo pochi secondi dal nostro incontro, mi ha detto «Le etichette le mettiamo sulle bottiglie di vino, quando parliamo di bellezza parliamo di libertà, di interpretazione, di amore e di personalità».