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Falcone e Borsellino

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Nessuno resti zitto

18 Aprile 2019
Qualcuno, giustamente, diceva “le parole sono importanti”. E allora usiamole. Ma nel modo giusto. Questo Paese “orribilmente sporco” non ha bisogno di eroi. Non sono utili. Non sono necessari.
Falcone e Borsellino

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Nessuno resti zitto

18 Aprile 2019
Qualcuno, giustamente, diceva “le parole sono importanti”. E allora usiamole. Ma nel modo giusto. Questo Paese “orribilmente sporco” non ha bisogno di eroi. Non sono utili. Non sono necessari.

Sventurato il Paese che ha bisogno di eroi,

scriveva il poeta Bertolt Brecht. Siamo diventati la Nazione che pensa solo a commemorare i propri morti ammazzati. La strage di Capaci, di via D’Amelio, Falcone, Borsellino, Chinnici, Impastato, De Mauro… e tanti altri. Troppi sono i morti causati dall’indifferenza generale. Le persone vanno tutelate, protette e sostenute in vita e non lasciate morire, nel quotidiano. «La favola degli eroi – per Majakovskij – è una scemenza da intellettuali». Creiamo l’icona e la lasciamo lì, nella teca. Per rispolverarla e riprenderla nel giorno del ricordo. Serve la consapevolezza, è fondamentale. Ma non basta. L’eroe è un qualcosa di inarrivabile, un’immagine sacra inutile da mostrare e da citare a proprio piacimento. Il dovere di ogni cittadino onesto e perbene è prendere esempio da chi ha creduto in determinati principi e valori, senza derogare. Senza mai scendere a compromessi. Mettendoci la faccia. Costi quel che costi. Nessuno può sentirsi escluso. La giornalista Ilaria Alpi è stata ammazzata non «a causa di una rapina – come ha vergognosamente spiegato l’allora capo della Commissione parlamentare d’inchiesta. Era in vacanza non stava facendo nessuna inchiesta, la commissione che presiedevo lo ha accertato». Vergognose balle per nascondere la verità. Ilaria Alpi è stata uccisa a Mogadiscio nel 1994 perché stava seguendo il traffico di armi e di rifiuti, perché aveva capito tutto sui rapporti tra i funzionari del nostro Paese e il governo locale. Ma oggi non abbiamo una verità accertata sulla sua morte. E Ilaria, Giovani, Paolo, Rocco, Peppino, Mauro, don Peppe Diana, don Pino Puglisi, Pier Paolo, Domenico, Lea (insieme a tutti gli altri) non erano eroi, ma cittadini normali che hanno semplicemente fatto il proprio dovere. Noi viviamo, come scriveva Pier Paolo Pasolini (anche sulla sua morte – novembre 1975 – abbiamo una verità ufficiale, quella di comodo costruita a tavolino), in un Paese senza memoria. Dimentichiamo facilmente il passato, lo perdiamo “nell’oblio dell’etere televisivo”. Tutto cambia, ma tutto resta com’è. I fatti scompaiono e restano le inutili opinioni. Servono i fatti, perché le parole se le porta via il vento. Ci commuoviamo davanti a una serie televisiva, ci indigniamo per cose futili e poi lasciamo morire in mare i bambini, le donne e gli uomini senza batter ciglio. Girando la testa dall’altra parte. Anzi sostenendo una classe politica che continua a raccontare balle, per difendere l’indifendibile. «Sconfiggeremo la mafia in pochi mesi o in pochi anni». Infinite balle istituzionali per non affrontare le questioni aperte, per non sconfiggere un cancro secolare. Le mafie ci piacciono o non ci piacciono? Ma cosa sono le mafie? Perché ne abbiamo paura? Ci attraggono? Ci servono? Perché non ce ne frega niente e facciamo finta di niente? Ci piace saltare la fila e chiedere una raccomandazione? Le parole sono importanti. E, grazie all’uso delle stesse, possiamo comprendere ciò che ci accade intorno. Ogni 23 maggio gridiamo i nomi di Giovanni e degli uomini della sua scorta e negli altri trecentosessantaquattro non ci pensiamo alla mentalità mafiosa che, da troppi anni, ha conquistato tutto ciò che ci circonda. Vogliamo un cambiamento reale? Siamo pronti? Il vero cambiamento, non quello utilizzato per la becera propaganda elettorale, dipende da noi. Ognuno di noi è artefice del proprio destino. Ecco perché non servono gli “eroi”, ma gesti semplici. Dobbiamo ripartire dalle piccole cose, dal rispetto delle regole. Dal rispetto delle persone, delle loro opinioni, delle loro convinzioni (politiche, religiose, sessuali). Dobbiamo ridiventare umani. E tutto ciò è possibile attraverso la conoscenza, il sapere. Il primo passo per cambiare. «Ogni parola che non imparate oggi è un calcio (…) che prenderete domani», diceva ai suoi ragazzi don Milani. Ripartiamo da queste parole. E decidiamo una buona volta: dobbiamo continuare a prenderli i calci, o vogliamo cominciare a darli? Metaforicamente parlando, ovviamente. A noi la scelta.                     

Le copertine dei libri di Paolo De Chiara:

 Il veleno del Molise, Edizioni Falco 2013
Il veleno del Molise, Edizioni Falco 2013
Io ho Denunciato, Romanzi italiani 2019
Io ho Denunciato, Romanzi italiani 2019

per citare questo articolo

Paolo De Chiara:

Nessuno resti zitto,

n. 16 - I supereroi,

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

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