Skip to content
Le tre sorelle che hanno dato vita al Forno Sammarco.

|

Forno Sammarco

3 Agosto 2020
Antonio Cera aveva una carriera segnata e scandita nei primi passi da una laurea brillantemente conseguita all’università Bocconi, stages aziendali prestigiosi e una prima assunzione già solida a Milano nel settore del marketing.
Le tre sorelle che hanno dato vita al Forno Sammarco.

|

Forno Sammarco

3 Agosto 2020
Antonio Cera aveva una carriera segnata e scandita nei primi passi da una laurea brillantemente conseguita all’università Bocconi, stages aziendali prestigiosi e una prima assunzione già solida a Milano nel settore del marketing.

Per un giovane che arriva dalla Puglia — la Puglia di periferia dell’entroterra foggiano, tristemente noto per disagi sociali, violenza, sfruttamento dell’immigrazione, racket delle estorsioni — non era affatto male. Ma Antonio non era appagato, qualcosa di potente risuonava dentro di lui. A San Marco in Lamis c’era la sua adorata famiglia. Il papà e la mamma, i nonni, le zie, parenti più o meno stretti o acquisiti le cui vite erano orbitanti intorno al forno che nel 1961 suo nonno aveva aperto insieme alle due figlie, coloro che sarebbero diventate insieme alla sua mamma — insegnante di matematica che finita la scuola correva a dare una mano al padre e alle sorelle — l’anima più poetica e vitale di quello che oggi è diventato il Forno Sammarco. Sessant’anni fa vi si faceva un pane buono con le farine e le semole rimacinate dei grani del Tavoliere delle Puglie e si infornavano anche le masse delle donne che il pane lo impastavano a casa; quel forno emanava i profumi speziati dei prupate nei giorni delle nozze e da esso venivano preparati i taralli incotte che i contadini portavano con sé nei giorni della mietitura insieme al fiasco di vino. Ma la storia nuova di Forno Sammarco iniziò da un grembiulino. Quello della scuola elementare, quello blu, dove un tempo si ricamava il grado della classe. Lo avevano cucito le sue zie, come gli cucivano i vestiti. Antonio lo vide diventare, quando non ce ne fu più bisogno, tovaglietta, poi presa per il forno, straccio per la polvere. Nulla andava sprecato, tutto veniva riutilizzato e reinventato per diventare il meglio possibile. Era forse questo che risuonava nell’anima di Antonio: di storie che narrano dell’amore per la terra, le tradizioni, i sacrifici di famiglia che richiamano giovani valorosi che avevano preso strade lontane ve ne sono, grazie al cielo, tante. Ma Antonio aveva pensato più in grande, credendo in un modello di economia circolare al quale aveva assistito sin da bambino e che era stato vincente per il suo nucleo familiare. Ognuno era capace di fare qualcosa: produrre ortaggi, frutta, cucire gli abiti, lavorare di carpenteria o falegnameria e ovviamente  fare un pane buonissimo. Sostenuto da studi di economia quel modello l’ha immaginato come strumento di slancio per un’intera comunità, capace di contribuire a ridare dignità, smalto, vita nuova a una terra straordinaria, ubertosa e mortificata dalle dinamiche sociali che l’avevano messa ai margini. Antonio è tornato per far crescere con l’azienda di famiglia tutto il comprensorio intorno al suo paesello, vicinissimo — eppur distante anni luce dalle notorietà delle coste garganiche o dei pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo.

Lo staff (non al completo) del Forno Sammarco.
Lo staff (non al completo) del Forno Sammarco

Oggi non c’è briciola di pane, biscotti, di dolci o taralli che non porti con sé il profumo della storia bella del Forno Sammarco. Una storia che non ha lieto fine semplicemente perché non è mai finita: perché quel profumo è uguale a quello di un tempo — ma a esso se ne aggiungono poco a poco di nuovi, più audaci, sfacciati, alle volte. Gli occhi di un bambino vissuto in questa dimensione hanno visto la dedizione al lavoro che non conosce orari, hanno percepito l’amore per la propria terra, scrigno di ricchezze della natura, hanno immagazzinato in una mente fervida un futuro che oggi a quella terra sta offrendo nuove possibilità, sul modello di quella economia circolare di autosufficienza realizzato dalla propria famiglia e che poi si è allargato creando una rete di eccellenza e produttività più ampia nell’intero territorio in cui, come allora, ognuno contribuisce nel dare il meglio di sé. E oggi Forno Sammarco non solo dà lavoro a persone del luogo, in particolare a un team di giovani affiatato, competente, entusiasta di esser parte di uno dei cuori pulsanti più potenti della loro terra, ma ha anche coinvolto eccellenze produttive della Puglia che sono esaltate in ogni prodotto, che venga dalla  tradizione o dalle sperimentazioni di Antonio che , cresciuto tra sacchi di farina e mani che impastano, ha inventato prodotti che sono stati premiati come i migliori d’Italia anche da firme prestigiose come il Gambero Rosso. Le materie prime che oggi vengono utilizzate hanno un nome e una provenienza, una identità che porta con sé luoghi, passione, cura. Il metro della scelta di ogni prodotto è normalmente la filiera corta, dall’orto di famiglia fino agli agrumeti del Gargano o alle ricotte di Masseria Paglicci; la filiera si allunga dove il clima e la terra creano i prodotti nel modo migliore come il Piemonte, in quanto terra di una delle nocciole più rinomate d’Italia. O viaggiano fino a Noto, dove le scorze degli agrumi del Gargano vengono  trasformati con la sapienza più antica d’Italia in quelle perle che costelleranno i morbidi impasti dei Panterroni, i panettoni della terra, farciti dei sapori più inaspettati, sorprendenti e buoni. Tanto da meritare blasoni di eccellenza nazionale.

Ogni ingrediente di ogni prodotto di Forno Sammarco non è il frutto di una semplice fornitura di materie prime e questa è un’altra intuizione di Antonio: le aziende hanno dedicato appositamente una parte della loro produzione alle eccellenze che ogni giorno vengono sfornate. Forno Sammarco è in ognuna di esse e ognuna di esse è in forno Sammarco. È l’antico principio dell’unione che fa la forza: mettere insieme le proprie passioni non significa sommarle ma creare un effetto moltiplicatore sotto ogni aspetto. Un’economia sostenibile, per l’ambiente, l’occupazione, la formazione, la cultura della nostra terra. La scelta di grani antichi per realizzare i prodotti di Forno Sammarco, la predilezione per la stagionalità, materie prime genuine e spesso con certificazione biologica, costituiscono un contributo alla salvaguardia per la biodiversità e quindi per il territorio. Una terra coltivata senza forzature ma nel segno della cadenza delle stagioni, del clima, della conformazione e della natura del terreno è destinata a vivere a lungo. La sostenibilità di Forno Sammarco è nel preservare il territorio e la sua storia attraverso le ricette che si tramandano e i prodotti che le realizzano. Se le macchine impastatrici e i forni sono i più all’avanguardia per dosare potenza e rispetto per le materie prime, perché mantengano la loro fragranza e consentano le cotture più idonee per ogni tipo di prodotto,  è dalle mani e dagli attrezzi di un tempo che vengono forgiate le bontà di Forno Sammarco. E con questa manualità Antonio Cera non ha inventato anche i Panterroni, il Piccione, gli Spicci, le Dita o la F’Orma, prodotti sublimi e unici, declinati in un caleidoscopio di varianti e che oggi sono scelti dagli chef dei ristoranti più prestigiosi in Italia, a ognuno dei quali in modo esclusivo è dedicato un pane certificato dal taglio e da una poesia che ne racconta la storia. Quando ha scelto di tornare nel suo paese ha scelto di investire se stesso nel prodotto che fa parte integrante della storia dell’uomo, come nutrimento del passato e che accompagnerà il futuro. Il pane abbraccia ogni aspetto della vita dell’uomo e da questa convinzione ha fondato Grani Futuri, un movimento culturale teso a esaltare e vivificare tutti i mondi che ruotano intorno al pane in una ambiziosa rigenerazione culturale, dalla Puglia fino oltre gli Oceani attraverso manifestazioni e eventi e soprattutto attraverso il Manifesto futurista del pane, che ricostruisce un modello ripetibile per il rilancio della economia nel nostro paese attraverso la nostra storia più autentica. Futuro per un territorio che appariva ai margini, con le fondamenta nell’alimento più antico della storia dell’uomo.

LINK UTILI

per citare questo articolo

Stefania De Toma:

Forno Sammarco,

n. 20 - Periferie,

ISSN 2611-0210 Orione Cartaceo; ISSN 2611-2833 Orione online in formato accessibile

In questo numero

|

Sin dagli anni del dopoguerra, le narrazioni di Rossellini, Visconti, De Sica, Germi e altri autori del neorealismo, non ultimi Fellini e Pasolini, documentando la realtà, hanno contribuito a costruire l’immaginario delle periferie che ha assunto un aspetto peculiare.

|

Intervista a Carlo Ratti. Il suo nome compare tra i Names You Need to Know di Forbes e i Best & Brightest dell’Esquire. È nella lista delle 50 persone che cambieranno il mondo secondo Wired e tra i 50 designer più influenti in America secondo Fast Company, oltre a essere anche tra i 60 innovators shaping our creative future per Thames & Hudson.

|

Qualche anno fa, muovendomi in un’antica biblioteca lagobiondese, entrai nella Sala dei manoscritti e lì capitò tra le mie mani il diario di bordo di Padre Scorza, un missionario lucano vissuto presso un’antica tribù africana. Niente riuscii a sapere della sua vita mentre, in calce ad alcune pagine, lui stesso aveva annotato aspetti di quella tribù che mi avevano particolarmente colpito.